domenica 12 febbraio 2012

Alla Montea in bicicletta

Questa avventura, e stavolta nel vero senso della parola, risale a molti anni fa, credo agli anni '90-'91, e nasce dalla voglia di salire la splendida montagna chiamata Montea, ben visibile anche dal balcone di casa, splendida nella luce del tramonto con il suo profilo seghettato. Naturalmente all'epoca non avevo la patente, e di farmi accompagnare non se ne parla assolutamente. Decido quindi di andare in bicicletta fino al Passo dello Scalone, che segna lo scollinamento fra Sant'Agata d'Esaro e Belvedere Marittimo, alla quota di 740 m. Premessa: la mia bici non è che andasse benissimo, aveva evidenti problemi ai freni; in pratica funzionava bene solo il freno anteriore, mentre nel posteriore i pattini toccavano appena. Naturalmente parto da solo, non ricordo il motivo, forse Stefano mi aveva classificato come pazzo o semplicemente non ne aveva voglia. Lo zaino che mi metto sulle spalle è quindi decisamente pesante e mi darà filo da torcere per l'intero viaggio. L'inizio non è dei migliori: a Taverna di Montalto sbaglio strada, ed invece di prendere la strada della bonifica chi avrebbe condotto in pianura fino allo scalo di Mongrassano seguo stupidamente la SS 19, che mi costringe a fare l'inutile salita di Regina di Lattarico..... Arrivo comunque in buone condizioni e senza altri intoppi al Passo dello Scalone, dove monto la tenda. La mattina dopo smonto la bicicletta e la incateno ad un albero fuori dalla vista. Mi carico nello zaino tutte le altre cose, compresa la tenda, il sacco apelo, viveri e ben 7 litri d'acqua visto che non conosco nessun punto d'cqua su questa montagna. Inizio a salire nella boscaglia fitta e su terreno ripido. La fatica è veramente tanta ed il caldo, appena il sole si fa vedere, veramente terribile. Poi saprò che a Cosenza si sono registrati oltre 38° all'ombra. Bevo in continuazione; la salita sembra interminabile, anche perchè in effetti il dislivello è discreto: da Passo dello Scalone si deve prima ridiscendere per un centinaio di metri e poi risalire fin quasi a 1800 m. Arrivo alla cima est totalmente stremato e bevendo l'ultima goccia dei famosi 7 litri!, dopo quasi 8 ore. Comunque sono riuscito ad arrivare alla vetta, anche se la vetta est, alta 1785 m, che viene riportata in tutte le carte a piccola scala in quanto dotata di pilastrino trigonometrico, non è la più alta, che è invece più ad occidente (1822). Di arrivare sull'altra cima però non se ne parla: in mezzo c'è una bella scarpata, le mie forze sono finite e l'acqua pure!, devo scendere.
La Montea vista da nord: al centro la vetta trigonometrica, a destra l'elevazione maggiore
Scendo lungo la linea di massima pendenza seguendo la linea di un canalone e dopo solo un'ora e mezza sono già nell'alta gola dell'Esaro alla base della montagna, sono però totalmente disidratato, sto rischiando seriamente un colpo di calore od un collasso. Appena trovo una pozza d'acqua nel fondo della gola bevo avidamente nonostante pulluli di larve di zanzare...... Poi prima di uscire dall'ultimo trattodi boscaglia vengo letteralmente assalito da una nuvola di tafani, non esco quasi ad aprire gli occhi, devo mulinare le braccia in continuazione e correre per 300-400 m per liberarmene, ci mancava pure questa!. Alla sera sono distrutto e mi preparo una minestra di quelle istantanee sul fornelletto a gas. Il giorno dopo, visto il caldo asfissiante decido di partire appena fa giorno e comincio la discesa che dal Passo dello Scalone porta a Sant'Agata, faccio le prime curve, prendo velocità e stringo i freni: tlack, si è rotto l'unico freno buono, e mò che faccio?. Piazzo le suole delle scarpe sull'asfalto per rallentare e appena posso mi butto di fianco su una cunetta non troppo arcigna. Io non mi sono fatto niente, ma il freno è andato, si è spezzato il cavetto di acciaio e non ho quello di scorta (che porterò sempre da allora in poi). Che fare adesso visto che l'altro era già scarsamente funzionante?. Decido di stringere il freno posteriore in maniera che la bici sia sostanzialmente sempre un poco frenata, ma almeno così se stringo un poco frena.... Il ritorno è ovviamete un vero Calvario, soprattutto le salite con bici frenata sono veramente terribili, ma se allentassi il freno poi non frenerebbe affatto!. Le discese troppo ripide decido di farle fuori sella portando la bici a mano. Quando arrivo a casa mi butto sul divano, stremato, e per due ore praticamente non apro bocca, suscitando commenti divertiti e sarcastici....
Carta con l'itinerario seguito

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